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Maurizio Puppo
un agrodolce, paradossale, travolgente esercizio di rivolta contro il più aggiornato (e operante) dei fanatismi: il lavoro.
Il libro: Un poeta in fabbrica è la storia, scritta ora con impeto travolgente, ora con malinconica ironia, di una "vita agra" del terzo millennio, assediata dalla stupidità del conformismo arrivista e dall'idolatria trionfante del lavoro e della carriera. È il ritratto, sarcastico e impietoso, di un mondo aziendale concentrazionario e totalizzante, nevroticamente pervaso dalla frenesia del profitto e dall'ossessione della produttività. Ma è anche un itinerario di rinascita, alla ricerca di un'identità smarrita e di una vita che, sottratta al ciclo produzione-consumo-riposo, recuperi la dolcezza e l'umanità perdute. Infine, è un atto d'amore nei confronti delle virtù terapeutiche e salvifiche del logos, della parola. Perché "le parole sono magiche e sciamaniche; balsami antichi, che tagliano i nodi più delle spade; che rompono gli incantesimi come e meglio dei baci dei principi".