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La pittrice del vapore "Sirio"

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Eligio Imarisio 

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Un romanzo ispirato ad un fatto di cronaca che destò all’epoca grandissimo scalpore, tanto da essere celebrato da una ballata diffusasi attraverso la tradizione orale tra il popolo dell’Italia settentrionale: “Il tragico naufragio del vapore Sirio”, recentemente ripresa da Francesco De Gregori e Giovanna Marini nell’album “il fischio del vapore”.

Il libro: Il libro racconta la Genova dei primi anni del ‘900, in cui convivevano due realtà diverse seppur contigue: la città mercantile con i suoi traffici legati soprattutto al porto, e la città vecchia, coi suoi vicoli, (i caroggi) dove da un millennio continua a fervere la vita della fiera Repubblica medievale, che si esprime attraverso un febbrile lavoro. Un aspetto particolare di detto fervore è costituito dalle botteghe artigiane, singolarmente operose nell’ambito del restauro artistico: lì tornano ai primitivi splendori molti fasti incorniciati del “Secolo d’oro dei Genovesi”; da lì si vedono le banchine su cui i piroscafi sbarcano tonnellate di merci ed imbarcano moltitudini di emigranti. L’amicizia tra Elsa Canepa, giovane fanciulla figlia di una facoltosa famiglia genovese, e Vilem è quasi un pretesto per raccontare i diversi volti della città: quello spensierato della ricca borghesia, quello tragico di emigranti e clandestini costretti ad imbarcarsi sui vapori in cerca di fortuna nelle Americhe. La sventura del “Sirio”, che fa naufragio in una zona lontana dalla sua rotta abituale, svela il traffico dell’emigrazione clandestina. La vergogna prende consistenza dapprima attraverso i tanti procacciatori d’affari che speculano sull’ingenuità, sulla miseria e sul dolore degli emigranti. Costoro sono gli agenti dell’emigrazione, i quali battono le città e in particolar modo le campagne alla ricerca di persone intenzionate a partire; promettono l’impossibile, pur di riempire i piroscafi. Gente senza scrupoli, la quale serba talvolta l’ultima infamia per gli emigranti in mare aperto, minacciando di sbarcarli sulle coste spagnole anziché sui porti americani, costringendoli così a sborsare un sovrapprezzo per giungere alla destinazione voluta. La vergogna si manifesta appieno sui moli di città sconosciute, anche se italiane; ammassati tra fagotti e stracci, gli emigranti sono alla mercé di tutti, nonostante le norme promulgate e le raccomandazioni scritte che ben pochi leggono e ancora meno interpretano. Napoli e Genova sono i due maggiori porti per l’imbarco: lì bisogna prevenire la truffa e il raggiro a danno di chi espatria; lì bisogna assisterlo materialmente e spiritualmente. Genova dunque, come grande porta dell’Italia, dell’Europa, spalancata sul Nuovo Mondo.


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